9 gennaio 2011

Tesori sepolti

La parte finale del giardino, sul lato nord, è delimitata da una breve scarpata ricoperta di vegetazione: perlopiù erbacce, edera, rovi, qualche acacia. Le colline qui intorno sono fatte tutte più o meno di terra giallastra piuttosto compatta striata da frammenti di fossili e fragili sassi bianchi che si spezzano tra le mani. Argilla, marne, calcare, arenarie? I ricordi di geologia si perdono nel tempo.
Fatto sta che qualcuno, si può supporre un secolo or sono (ovvero all'incirca l'età della casa), ha scavato in quella terra una piccola grotta o stanza, larga un paio di metri, cui si accede attraverso un arco di mattoni privo di porta per cui la cavità risulta aperta alla vista e l'ingresso è debolmente impedito da un'unica sbarra di ferro arrugginito parallela al terreno.
Nonostante questo non ci sono mai entrata. A me, bambina, era vietato andarci perché pericoloso. In effetti dal soffitto, col passare del tempo, sono franati alcuni blocchi di terra scoprendo radici rinsecchite e conchiglie fossili, mentre dal pavimento si vedono ancora affiorare pezzi di lamiera e vecchi bidoni metallici corrosi dall'umidità. Ipotizzando inoltre la presenza di ragni, scorpioni, e altre bestiole che di quel riparo avrebbero potuto fare una tana, si può comprendere come non sia mai stato l'ambiente più congeniale ai giochi di una bimbetta.
Bimbetta che peraltro non mancava di gironzolare intorno all'antro proibito, ma limitandosi a soddisfare la propria curiosità con attente indagini visive sempre condotte al di qua della sbarra. Poi, con gli anni, ho finito per perdere interesse riguardo alla questione, dopo tutto parevano esserci soltanto macerie lì dentro.

Cosa mi ha spinta oggi a chinarmi sotto la sbarra e mettere piede all'interno non saprei. Gironzolavo per il giardino prendendo le misure delle nuove aiuole per l'orto e semplicemente mi sono resa conto che ora non sono più sottoposta a divieti, ora a quanto pare sono grande abbastanza per decidere se farmi franare in testa mezza collina. Allora sono entrata.

C'erano alcuni mucchi di vecchie piastrelle esagonali color mattone, e altre quadrate a righe blu, bianche e rosse sepolte nella polvere, due vasi di cotto che sono riuscita a estrarre a fatica, ma perfettamente integri, pile di mattoni e cianfrusaglie in genere.

Infine dalla terra è emerso un pezzo di legno rosso e poi, tutto intero, questo.


Commovente relitto del passato. Inspiegabilmente abbandonato, o gettato via, o chissà come perduto in quel luogo. Un'edicola con la sua icona, un Sant'Antonio col suo giglio di fronte al quale hanno pregato chissà quali persone ormai morte, una piastrella di cielo lustro, profondo e infinito splendente persino nella polvere.
Affascinata e stupita me ne sono rimasta lì con gli stivali affondati nella terra e quell'oggetto tra le mani. Incredula come di fronte a una visione, grata come di fronte a un miracolo.

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