Ammetto che tra canzoni, libri e affini riempirei il blog senza problemi e con gran risparmio di mie espressioni testuali (che, ove necessarie, tento di mantenere piuttosto sullo scheletrico). Il fatto è che mi piacciono le cose belle e ciò che scrivo non mi sembra esserlo, pertanto se trovo quel medesimo pensiero che mi turbina per la mente esternato in forma geniale da qualcun altro non vedo davvero l'esigenza di mettermi a pasticciare con le parole.
Come ebbi modo di scrivere tempo or sono (così per una volta cito me stessa):
Fermate l’orrore delle mie parole, perché sto profanando un luogo sacro, da pura materia espressiva traggo insensato luridume. Chi arresterà questo scempio? Ora, adesso, io scrivo, e pugnalo la pagina, e ancora, ancora, per più volte ancora, vi getto in faccia parole come sabbia negli occhi, e rido, e grido, e imploro: che qualcuno tenti almeno, di fermarmi.
Ecco, al di là di considerazioni di carattere estetico sul pezzo, mi trovo pienamente d'accordo con l'autrice (me medesima di qualche anno fa). Mi imbatto spesso, nell'atto di scrivere, in questo senso di disperata frustrazione: io sono la Tizia Che Scrive, e sono la Tizia Che Tenta Di Fermare la Tizia Che Scrive. Assurdo? Non saprei.
D'altro canto il blog è mio e ci infilo poi quello che voglio, non diventerò una grande scrittrice, non acquisterò fama in rete, forse lo leggeranno solo le persone che mi conoscono, o forse un giorno qualcuno passerà da queste parti e vorrà fermarsi, le citazioni non lo infastidiranno, le parole sparse in giro gli sembreranno avere un senso e magari deciderà di tornare. Questo mi sarà sufficiente.
Forse è per te che sto scrivendo Anonimo Lettore.
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