Ogni volta è una sorpresa, scopri di non sapere niente di preciso sul mondo esterno. Allora viene anche la voglia di scusarsi con tutti: scusate la nostra presunzione, scusate i nostri discorsi, scusateci di aver creduto che voi siate un pugno di mosche su cui sputare le nostre sentenze.
Scusate, scusate, noi siamo inetti e smemorati, e neanche tanto furbi da restare a casa, tacere e non muoverci, fare come gli alberi.
Vorrei scusarmi con gli ipocriti civili che pretendono non ci sia nessun vuoto centrale, che tutto vada bene, quasi che loro avessero dentro salda roccia e non un buco, come tutti. Scusate se mi irritano le vostre certezze, scusate se proprio non vi sopporto, non so nemmeno se sia disprezzo o invidia la mia, semplicemente dovrei lasciarvi perdere, anche se voi siete così ingombranti, così invadenti, così difficili da ignorare. Voi che avete un'idea del mondo come evidenza senza misteri [...] Ma è inutile, caro mio, prendersela con le superstizioni. Tu non sei mica il padrone di una "più giusta" visione del mondo, non sei padrone di niente, e non sei l'inespugnabile fortezza su cui gli eventi non hanno presa. Sei esposto all'aria come le altre bestie, e le tue parole sono quelle degli altri, emissioni di fiato.
Piuttosto, ascoltare bene gli altri: il suono delle voci che vengono all'orecchio, tutte queste emissioni di fiato che salgono verso il cielo.
Sono grata a Gianni Celati per aver scritto le parole che sto rubando ora, e molte altre.
Ieri hanno inaugurato una mostra fotografica in Sala Borsa, una di quelle che guarda alla Bassa bolognese, ai centri commerciali, alle villette geometrili, alla pianura. Celati avrebbe dovuto intervenire ma impegni non ben specificati l'hanno portato altrove, purtroppo. Mi sono fatta bastare le fotografie di Rhodri Jones e con loro il ricordo delle opere di Ghirri e delle narrazioni di Celati. Quel loro osservare. Aprire gli occhi, aprirli davvero, e al diavolo chi crede che qui non ci sia nulla da vedere. Vuol dire che non sapete farlo, non siete capaci di guardare. Vi serve andare chissà dove per provare sensazioni nuove. Non siete in grado di stupirvi. Non sapete soffermarvi. Sfiorate appena la superficie. Il mondo è immensamente profondo in ogni suo punto.
Scusatemi ancora.
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