14 dicembre 2010

14 dicembre

Ora è un involucro di pelo, in un sacco nero, dentro la terra umida.
Portare il fagotto su per la collina, col fiato corto per aver appena scavato la fossa, gli stivali che scivolano sull'impasto d'erba, foglie e brina. Le dita percepiscono il corpo attraverso la stoffa che lo avvolge, diaframma troppo sottile, sei riuscita a nasconderlo alla vista, ma adesso hai questo ricordo tattile che ti si sta imprimendo nella pelle e l'immagine che esala è fin troppo nitida. Sai esattamente cosa c'è lì dentro.
Ora ha la rigidezza, la durezza delle cose, ieri era caldo e arrendevole, non sai quale dei due stati ti faccia più impressione, se un corpo morto che sembra ancora vivo o un corpo un tempo vivo che pare impossibile lo sia mai stato.
La terra smossa è morbida, bisogna pestarla per renderla compatta, per appiattire il cumulo, camminarci sopra. Pochi passi più in là una leggera depressione nel suolo segna il punto in cui fu sepolta sua madre, sono anni ormai. Anche lei era rigida, ricordi le zampe che non volevano piegarsi, il buco troppo stretto.

Quando l'avvio la carriola dà un cigolio, uno soltanto però. Qualcosa dentro di me stringe, emetto un paio di conati a vuoto, esce a stento una nuvola di fiato, ho le guance tutte impiastricciate ma non riesco a trovare un fazzoletto. E' il freddo che mi fa lacrimare gli occhi.
Niente altro che il freddo.

2 commenti:

Lothiriel ha detto...

:'(

Mary ha detto...

Povero Bruce, mi dispiace :(