I prati mi sospingono alla metamorfosi erbivora. Ne vedo uno e desidero d'essere mucca, sostare al sole e brucare quel verde. Appena possibile mi getto carponi - non si può godere d'un prato senza toccarlo - allora faccio la mucca, sì, ma senza muggire, senza quattro stomaci, e per un po' provo a concentrarmi solo sull'erba. Sulla consistenza dell'erba, sul sapore dell'erba, sulle forme dell'erba, sulle qualità di erbe, sui loro nomi: come mucca penso troppo.
E dunque mi accontento di fare la Tizia che raccoglie grassa gallina (valerianella) e streccapogn (radicchio selvatico), bisogna farne scorpacciate prima che vadano in fiore con l'arrivo della bella stagione. La valerianella la scovo facilmente, in certi punti il campo ne è pieno, tenerissima, oleosa, dal sapore delicato, sarà ottima mischiata allo streccapogn che invece è più amaro e tenace. Quest'ultimo è una scoperta, non ero abituata a raccoglierlo, assomiglia al tarassaco (che comunque è commestibile pure lui) e tendo a confonderlo. Anche di quello ne è generosa la terra, se sai dove cercare, e che sorpresa quando, tenendo fede al suo nome dialettale, una volta raccolto si arriccia su se stesso come un pugno. Inoltre in insalata trovo sia bellissimo a vedersi, con la sfumatura rosso violacea alla base dei gambi, che, condita con l'olio, diventa ancor più lucida e intensa.
Incredibile che non costi nulla, nemmeno la fatica di coltivarlo.
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