31 dicembre 2010

Risvegli

 

La mattina, aprendo le imposte, è facile sorprendere Giafano (il fagiano, ovvio) e i caprioli (trova il capriolo mimetico nella foto) far colazione con le ghiande della quercia di fronte a casa.
Allora resti appoggiato al davanzale, sei ancora in pigiama, ma l'aria fredda cancella gli ultimi residui di sonno. Ci vuole sempre un po' di tempo perché i caprioli, disturbati, prendano la strada del bosco, o dei campi. Giafano accenna a qualche verso seccato. Ti dici che è un buon risveglio questo.
Non sai perché ogni volta finisci per domandarti in che modo potrebbe essere migliore.

30 dicembre 2010

I'm a bird now

Where go, where now
Can't stand
If I can, can die
I'm freezing



Qualsiasi altra vita

Mi sono ammalata, ne ho avuto la consapevolezza giusto un sette, otto ore dopo aver affermato compiaciuta che quest'anno niente malanni per me. Già, quasi profetico...
Comunque, smaltito per adesso il febbrone di ieri sera, e non avendo voglia di leggere o guardare la TV, mi sono trovata a letto costretta produrre pensieri, che quelli anche se non ne hai voglia puoi star certa che arrivano lo stesso.
Meditavo sul semplice fatto che non c'è veramente nulla che io possa fare. Una di quelle evidenze un po' zen forse, affascinanti ma poco pratiche. Però ha vinto lui, ecco come stanno le cose. Libero di andare. Libero di essere libero, o forse di essere schiavo di qualcos'altro, a seconda di come si consideri la questione, ma non è questo che mi interessa. Anzi il punto cruciale è forse proprio il disinteresse. Non desidero più sapere cosa ne vorrà fare della sua libertà, vera o presunta, delle sue giornate, della sua intera vita. E' questo un periodo dell'anno che invita con forza a scrivere la parola fine.

Non c'è dolore, non ci sono macerie né senso di morte. Le piante fanno così, cedono senza combattere, si piegano senza dolore, pronte ad accogliere qualsiasi altra vita sia in serbo per loro.

29 dicembre 2010

Serra

Tempo fa trovai su internet la fotografia di una serra ingegnosa realizzata assemblando vecchie finestre. La cosa mi piacque assai, e il progetto mi si sta ultimamente riaffacciando alla mente, sia perché l'idea di mettere le mani su oggetti in disuso e ricavarne qualcosa di utile mi riempie di entusiasmo, sia perché ho scoperto di desiderarlo, quel rifugio di legno e vetro in mezzo al giardino, verniciato di verde, lilla, o pervinca, dove godere delle piogge d'estate o sedersi a bere un caffè quando l'aria comincia a farsi più fresca col mutare della stagione.
Inoltre la materia prima non manca, una ricognizione rapida dalla soffitta alla cantina ha svelato finestre accatastate un po' ovunque, oltre a svariate assi e listelli di legno e una certa quantità di ondulina per coperture (il cui stato resta però da appurare). Certo il progetto è ambizioso, per quanto non enorme si tratta comunque di una struttura che deve essere solida e reggersi in piedi, ben sigillata dagli spifferi e durevole nel tempo. Inoltre mio padre di sicuro non gradirà l'idea.
Si può dire che ormai il proposito d'edificare una serra funga da indicatore d'umore. Nei giorni buoni mi sembra perfettamente fattibile, anzi l'immagino già completa e passo in rassegna i suoi possibili usi. Nei giorni tristi mi convinco che è soltanto una trovata balzana e che in fondo finirò per rinunciare.
Lo scoprirò a primavera.

28 dicembre 2010

Eden

Pia Pera.
Non è una qualche varierà di frutto antico, ma una persona meravigliosa, scrittrice, innamorata della terra e della vita agreste, l'orto, il giardino. E io non ho alcuna difficoltà a identificarmi in lei mentre leggo L'orto di un perdigiorno e a sognare di una vita simile, che mi sembra la migliore delle vite possibili.
In fondo l'ho sempre saputo che la mia pace è lì, tra il morbido muschio e la corteccia di un pero. Quando me ne distacco per obbligo o cecità, forse inseguendo fantastiche chimere, soffro. Eppure pare così difficile conciliare la realtà di una vita adulta come viene configurandosi nel mondo che conosco con quel genere di felicità verde, più da isola lontana o paradiso perduto. Da bambina sì che ero capace di non tradire, mai. Entusiasta esploratrice dei boschi, osservatrice di formiche, collezionista di piume, scheletri, erbe, nidi, gusci d'uovo, pelli di serpenti, rami, spine, sassi, foglie, una camera delle meraviglie tutta personale che mi ha riempito d'orgoglio per molti anni. Gironzolavo per i prati con quel senso di scoperta che, non so come, rende l'aria più luminosa, mangiando fiori d'acacia o arrampicandomi sugli alberi. Incapace d'uccidere persino un insetto, spasimavo per le creature dei boschi, parlavo col vento, abbracciavo gli alberi e mi sdraiavo nei campi per sentire il peso della terra sulla schiena, la sua mole immensa, e mi aggrappavo a lei stringendo l'erba tra i pugni.
Ma domani? Sarà ancora possibile tutto questo? In che modo? Con chi? Sperarlo ad ogni modo rende il futuro un luogo migliore verso cui dirigersi.

Paradiso in terra, paradiso terrestre. Non ricordo più dove, Kafka ha scritto che ci sarebbe da chiedersi non perchè l'uomo abbia perduto il paradiso terrestre, ma perchè non faccia nulla per tornarci. A lui, cittadino di Praga, forse è sfuggito che chiunque torni alla campagna, chiunque voglia per sé un giardino, è spinto da questo desiderio, di un ritorno all'Eden.

27 dicembre 2010

"Ti ho amato come se dovessimo morire da un momento all'altro"

Dietro consiglio di un'amica (Mary suggeritrice di fiducia) ho visto Chéri di Stephen Frears. In effetti le scenografie e i costumi non hanno deluso le aspettative, anche perché in quanto a epoca e luogo di ambientazione non potevo sperare di meglio: la Parigi della Belle Epoque.
Non è mia intenzione però recensire il film, quello che avevo pensato di fare in un primo momento era scrivere il finale, ma riflettendoci non ha molto senso. In fondo se volete vedere il film non leggereste certo come va a finire e se invece il film non vi interessa probabilmente non capireste molto della parte finale senza il resto della storia. Pertanto mi ritrovo impossibilitata a spiegare in che modo la vicenda mi abbia coinvolta senza svelare parti della stessa, e forse questo post è piuttosto inutile.
Tuttavia potete sempre guardare il film, no?

26 dicembre 2010

Mantello imbottito, berretto caldo, larghe ciabatte di feltro,
nella piccola torre, alla bassa finestra, presso il braciere scavato.
Il corpo a riposo, il cuore in pace senza obbligo d'alzarsi presto.
I cortigiani le sanno queste cose nella capitale dell'Ovest?
                       
(Po Chu - I)

Appunti telegrafici postnatalizi

L'anatra laccata al miele e aceto balsamico con bacche di ginepro, zenzero e pepe rosa è stata un successone, da rifare.
La mamma ha proposto un brindisi alle pile al litio e da quel momento il vino è stato tolto dalla tavola. Anche se il brindisi mi pare sia stato apprezzato.
Ho ricevuto un regalo anche da mio fratello, evento insolito, saranno gli scherzi dell'età. Comunque ero già così felice d'averlo in casa a strimpellare canzoni natalizie davanti al camino (spento, ma pur sempre camino) che non sarei potuta esserlo di più.
Capitolo regali: Babbo Natale è stato generoso e intelligente e ha accontentato tutti  (e con tutti intendo pure mio padre, che non ricordo un Natale in cui non sia riuscito a trovare difetti nei doni).
A proposito di difetti, per una svista delle commesse un pacchetto di tre mutandine a me destinato si è rivelato contenere tre perizoma. Però sono così bellini che dovrò farci l'abitudine e visto che sono rifiniti in rosso ho trovato l'intimo per capodanno!
E ho pure una vestaglia rossa di una morbidezza così coccolosa che fa venir voglia di passare il resto della propria vita in pigiama.
Visione serale di Saw e South Park per scremare un po' il "siamo tutti più buoni" "pace" "amore" e "felicità". Perfetto.


Amarezza soltanto per quell'unico "buon Natale" che non ho potuto augurare.

25 dicembre 2010

Comunicazione di servizio

Ecco bè a proposito del video, mi è stato detto che è bloccato. Ups, non me n'ero accorta scusate. Ehm non so se sia un problema risolvibile, nel caso non lo fosse posso solo consigliare di procurarvi la canzone per altre vie... sob.

                                                                         Una Tizia molto dispiaciuta




Uh ho risolto! Almeno spero. Stupida io a non averci pensato prima.

24 dicembre 2010

Grande ritorno di The Egg. Da oggi in 3D!

Ho confezionato un breve video natalizio, più che altro perché mi piaceva molto la canzone. Il prodotto finale è purtroppo pieno di difetti che si sarebbero potuti evitare con un po' più di tempo a disposizione, ma tant'è. Buona visione, e buon Natale.

E un pensiero speciale va a Uovo, morto in seguito a una caduta durante le riprese. Già mi manchi.

(The Walkmen, Christmas Party)
 



so christmas is here again with its tinsel and lights
the city is covered in snow
at our house family and friends have gathered tonight
to eat drink and share the holiday cheer
and this december like decembers before
we find ourselves reflecting
contemplating our lives as another chapter comes to a close
so here i sit at the christmas party
with a belly full of wine
while the celebration dances around me
and i dream of you
and you're singing to me
ooohhh-ooohhh-ooooooh-oooohh


i don't talk
just listen to the sleigh-bell song
and i felt tipsy
the snow is falling all around
i can't stand up
cause santa claus is coming to town
so hold on to me this christmas


but soon the music will fade
the last of the wine will be poured
and the dancing will cease
these old friends will make their way home
to sleep a restless sleep as st. nick makes his rounds
and by tomorrow afternoon as the last of the wraping paper is tossed into the fire
this christmas will be over
why must it all go by so fast?
santa claus
this christmas
don't let these friends go home
don't let the revelry end
and don't leave me here, alone
ooohhh-ooohhh-ooooooh-oooohh


i don't talk
just listen to the sleigh-bell song
and i felt tipsy
the snow is falling all around
i can't stand up
cause santa claus is coming to town
so hold on to me this christmas

Notturno in do minore

Appunto personale, non bere caffè alla sera. Non berlo anche quando è peccaminosamente miscelato a vov, whisky e panna.
Mi domando quando riuscirò a prendere sonno, stanotte. Tra l'altro si è aggiunta quella ben nota sensazione al petto, come se il cuore si fosse enormemente gonfiato saturando ogni spazio, comprimendo i polmoni e gravando sulle costole, ma dall'interno. Un pesare per dilatazione più che per schiacciamento. Eccesso di vuoto. Desiderio di forare il deforme palloncino che fatica a battere incastrato com'è in un corpo che si oppone, resiste. Ogni volta è una lotta.
Manca il respiro.

23 dicembre 2010

...sono solo un meccanismo inceppato?

E all'improvviso in mezzo al mio mal di testa,
ho ritrovato il desiderio di...

shhhh


                                                                                   
                                                                                ...essere felice

Una necessità

Io cerco di riversare tutto in questo blog eppure resta immancabilmente qualcosa di non detto. Maledizione.

22 dicembre 2010

Tortellini

Tizia Rotta oggi si è concessa un paio d'ore di funzionamento ricoprendo il ruolo di Tizia Che Prepara I Tortellini Per Il Pranzo Di Natale. Piacevole diversivo (una volta all'anno perlomeno).
Accarezza, massaggia, impasta, stendi, taglia, infarina, valuta, tocca, premi, torci, riponi. Un affacendarsi di mani che sanno cosa afferrare, confortante sicurezza di gesti precisi, ber riusciti. Risultato che si ammucchia sui vassoi.
E così anno dopo anno, tradizioni ripetute che ci mentono sul trascorrere del tempo.Quel 25 dicembre che vorremmo sempre il più possibile uguale a se stesso, pressoché eterno.

21 dicembre 2010

Attenti al cane

Desidero sappiate fin da ora che non c'è molto che io possa promettervi. Il mio consiglio è di riflettere bene prima di avvicinarvi. Non voglio siate ingannati dalle apparenze.
Certe mattine mi sveglierò infelice e voi non ne comprenderete il motivo, certe altre sarò annoiata, non sempre saprò consolarvi, aiutarvi come vorrei, potrei non riuscire nemmeno a essere sincera. Mentirò, fidatevi. Forse lo sto già facendo. Sarò capace di infinite complicazioni, insicurezze, ansie. Abile nel risultare insopportabile in un modo quasi impercettibile. Cattiva, anche se non saprete accorgervene. Schiva, manipolatrice. Peggio ancora, mi lamenterò di tutto quello che sono (e non sono) ma non cambierò, così fanno le persone per elemosinare un po' di benevolenza, così sto facendo ora, non è vero?
Insoddisfatta, tormentata, afflitta. Taccio del resto. E non crediate che in cambio abbia il genio delle creature eccezionali. Sono "speciale" in un verso solo.

Eppure eccomi qui, ostinata, convinta che il "qualcuno a cui tutto questo non importa" prima o poi passerà dalle mie parti. Ecco vedete? Non vi offro nulla e oso sperare di conquistarvi. E chissà perché poi.

18 dicembre 2010

Please

A heart that's full up like a landfill
a job that slowly kills you

bruises that won't heal.
[...]

e tutto il resto



No alarms and no suprises,
No alarms and no suprises,
No alarms and no suprises please. 


Please .

Defuntseca

Cadrò.
Ho un paio di ciabatte nuove con la suola che è di panno bello liscio, praticamente delle pattine - che quelle sono studiate apposta per scivolare, vi dico che piazzano team di fisici a investire tutto il loro potenziale neuronale per eliminare ogni più piccolo attrito da quelle sottili fettine - soltanto che sono ciabatte e ci camminerò come con le ciabatte e un giorno mi dimenticherò di avere quelle trappole mortali sotto i piedi e farò una corsa per rispondere al telefono o scenderò distrattamente le scale. E mi sarà fatale.
Ve l'avevo detto, il mio epitaffio.
I'll be on the water
Catching the next wave
You can meet me where it breaks


(Akron/Family, I'll Be On The Water)



17 dicembre 2010

Conserve e Composte "Paradiso"

non posso lamenta­re la perdita di un amore o di un'amicizia senza medi­tare che si perde solamente ciò che in realtà non si è posseduto

(Borges)


E' terribile percepirlo a volte, accorgersi che il presente diventa passato nell'istante stesso in cui sta accadendo. Sono ancora tra le sue braccia e posso solo pensare al tempo che si sta consumando, e quel bacio dato è soltanto un bacio in meno nel conto dei baci che riceverò.
Tutti quei momenti. Mi sono presa cura di loro sin dal primo istante, non c'era altro che potessi fare, immergendoli con cautela nella naftalina del ricordo, chiudendoli in barattoli, non appena colti (loro, i momenti) ancora freschi e virenti, preparandoli per una lunga conservazione tra fogli di carta velina. Memorizzare, memorizzare, la smania di non dimenticare nulla. Non so se questo mi renda previdente o piuttosto paranoica, so che mi dibatto nell'inquietudine. Smetto di soffrire soltanto quando un momento trascorre e diventa passato, che è un qualcosa su cui si può rivendicare sicura appartenenza. In quell'attimo stesso ha però inizio un nuovo genere di sofferenza. La chiamano nostalgia.

16 dicembre 2010

...

We're in love
With everything
That is lost

(Barzin, My Life In Rooms)


Una musica può fare...

Sono una bolla calda a forma di macchina in moto nel paesaggio gelato.
Non mi interessa di trovare traffico questa mattina. Qui mi sento bene, l'asfalto brilla e i campi lontani hanno il colore del dentifricio alla menta. Dalla radio una voce canta di Christmas e snow su note jazzate. Io con lei.
Se foste stati accanto a me mi avreste vista sorridere. Proprio così.
Refrain

15 dicembre 2010

Chiusa come un pugno

Il suo è un problema di comunicazione. Tra quello che non sa spiegare, quello che è restia a manifestare e quello che esprime ma non viene compreso, Tizia più di ogni altra cose soffre di un feroce distacco (autoinflitto?) dall'Altro.
Il suddetto Altro tende a non gradire.
Tizia non più fargliene una colpa, non vuole fargliene una colpa, non crede di fargliene una colpa, ma ogni tanto gliene fa una colpa.
E' evidente in che misura ciò peggiori l'intera questione.

%&^UUI"m_à°°+*p??!

Mi capisci?

14 dicembre 2010

14 dicembre

Ora è un involucro di pelo, in un sacco nero, dentro la terra umida.
Portare il fagotto su per la collina, col fiato corto per aver appena scavato la fossa, gli stivali che scivolano sull'impasto d'erba, foglie e brina. Le dita percepiscono il corpo attraverso la stoffa che lo avvolge, diaframma troppo sottile, sei riuscita a nasconderlo alla vista, ma adesso hai questo ricordo tattile che ti si sta imprimendo nella pelle e l'immagine che esala è fin troppo nitida. Sai esattamente cosa c'è lì dentro.
Ora ha la rigidezza, la durezza delle cose, ieri era caldo e arrendevole, non sai quale dei due stati ti faccia più impressione, se un corpo morto che sembra ancora vivo o un corpo un tempo vivo che pare impossibile lo sia mai stato.
La terra smossa è morbida, bisogna pestarla per renderla compatta, per appiattire il cumulo, camminarci sopra. Pochi passi più in là una leggera depressione nel suolo segna il punto in cui fu sepolta sua madre, sono anni ormai. Anche lei era rigida, ricordi le zampe che non volevano piegarsi, il buco troppo stretto.

Quando l'avvio la carriola dà un cigolio, uno soltanto però. Qualcosa dentro di me stringe, emetto un paio di conati a vuoto, esce a stento una nuvola di fiato, ho le guance tutte impiastricciate ma non riesco a trovare un fazzoletto. E' il freddo che mi fa lacrimare gli occhi.
Niente altro che il freddo.

12 dicembre 2010

Vivo così tra il sociale e il vuoto

Baustelle, La Vita Va

Bruce, cane Bubolo

Ennesimo viaggio dal veterinario. Quando un cane lo devi portare fuori in braccio perché fatica a reggersi in piedi, oltre a venirti mal di schiena, cominci a sperare che sia lui a cedere, una notte, nel sonno, prima che quella decisione la debba prendere tu.
E va bene, non è che mi sconvolga l'idea che muoia, è un vecchio cane in fondo, e per quanto dispiaccia so che non mi mancherà così tanto, dopo. O perlomeno non nella misura in cui mancano le cose che riteniamo insostituibili.
Eppure questa faccenda inizia a logorarmi, non capisco bene le vie che certi pensieri prendono nel mio cervello allontanandosi dalla causa originaria. Li guardo imboccare una curva e scomparire alla vista e dopo un poco mi sento triste, così triste. Perché?

11 dicembre 2010

Emissione di fiato

Ogni volta è una sorpresa, scopri di non sapere niente di preciso sul mondo esterno. Allora viene anche la voglia di scusarsi con tutti: scusate la nostra presunzione, scusate i nostri discorsi, scusateci di aver creduto che voi siate un pugno di mosche su cui sputare le nostre sentenze.
Scusate, scusate, noi siamo inetti e smemorati, e neanche tanto furbi da restare a casa, tacere e non muoverci, fare come gli alberi.

Vorrei scusarmi con gli ipocriti civili che pretendono non ci sia nessun vuoto centrale, che tutto vada bene, quasi che loro avessero dentro salda roccia e non un buco, come tutti. Scusate se mi irritano le vostre certezze, scusate se proprio non vi sopporto, non so nemmeno se sia disprezzo o invidia la mia, semplicemente dovrei lasciarvi perdere, anche se voi siete così ingombranti, così invadenti, così difficili da ignorare. Voi che avete un'idea del mondo come evidenza senza misteri [...] Ma è inutile, caro mio, prendersela con le superstizioni. Tu non sei mica il padrone di una "più giusta" visione del mondo, non sei padrone di niente, e non sei l'inespugnabile fortezza su cui gli eventi non hanno presa. Sei esposto all'aria come le altre bestie, e le tue parole sono quelle degli altri, emissioni di fiato.
Piuttosto, ascoltare bene gli altri: il suono delle voci che vengono all'orecchio, tutte queste emissioni di fiato che salgono verso il cielo.
 
Sono grata a Gianni Celati per aver scritto le parole che sto rubando ora, e molte altre.
Ieri hanno inaugurato una mostra fotografica in Sala Borsa, una di quelle che guarda alla Bassa bolognese, ai centri commerciali, alle villette geometrili, alla pianura. Celati avrebbe dovuto intervenire ma impegni non ben specificati l'hanno portato altrove, purtroppo. Mi sono fatta bastare le fotografie di Rhodri Jones e con loro il ricordo delle opere di Ghirri e delle narrazioni di Celati. Quel loro osservare. Aprire gli occhi, aprirli davvero, e al diavolo chi crede che qui non ci sia nulla da vedere. Vuol dire che non sapete farlo, non siete capaci di guardare. Vi serve andare chissà dove per provare sensazioni nuove. Non siete in grado di stupirvi. Non sapete soffermarvi. Sfiorate appena la superficie. Il mondo è immensamente profondo in ogni suo punto.

Scusatemi ancora.


7 dicembre 2010

Piccoli animali

I deboli non sopravvivono. I non adatti vengono selezionati. Io non capisco perchè sono ancora qui. Io che non c'entro nulla con tutto questo.
Ci sono piccoli animali che attraversano le strade col buio, piccoli animali che il terrore schiaccia sull'asfalto, la notte. Se sei un piccolo animale nemmeno fuggi. Stai. Investito dalla luce, dal rumore e dalla tua stessa paura, che scopri essere più pesante di qualunque pneumatico, alla fine.
E se sei un piccolo animale rannicchiato su quella strada da un'infinità di tempo inizi a chiedertelo, come fai a essere ancora lì.
Adesso per il piccolo animale è il sopravvivere la prospettiva più spaventosa.
Forse perché
non le piace la gente
o quella festa che ha dentro di sé
quando vorrebbe la tranquillità, il niente

4 dicembre 2010

Fenomenologia dell'impatto

Gli oggetti, in giornate come questa, non servono. Stanno lì unicamente per essere afferrati e lanciati contro al muro. Le mele raccolte nel cesto sulla tavola, scagliarle una a una con tutta la forza possibile per vedere il modo in cui si spaccano sulla parete. La tazza piena di tisana bollente, gettare anche quella. E a seguire tovaglia di plastica, sedie impagliate, barattolo del sale, dello zucchero, coltelli, cassetti, frullatore, piatti, coperchi, scatolette, TV, orologio, verdure, bottiglie, presine, tostapane.
Osservare attentamente la sorte di ogni cosa nel momento dell'impatto, studiarne i resti. Ti sembra di capire qualcosa di nuovo?
Poi prendere e lanciare anche me.
Non lo so se mi ammacco o vado in frantumi, se mi spezzo, mi sbriciolo, mi apro, mi svuoto, mi schiaccio, o se mi scheggio, mi graffio, rimbalzo. Non lo so. Magari non mi accade nulla.
Che giornata patetica.

My mind feels like glass ready to be smashed

Smog, It's Rough


uno che

uno che quando lo leggi ha il dono di farti sentire che vorresti essere suo amico e che anche se non lo conosci senti che gli vuoi bene lo stesso

Questo è Wallace. Io cercavo di spiegare cosa provo di fronte ai suoi libri e ieri Chinaski pubblica un post (vedi link a lato per il suo blog) in cui compaiono due righe che sono la traduzione esatta della roba che mi ronza in testa. 

uno che quando lo leggi ha il dono di farti sentire che vorresti essere suo amico e che anche se non lo conosci senti che gli vuoi bene lo stesso

E questo è anche Chinaski.

Dovrei smetterla di innamorarmi dei morti e degli sconosciuti.

3 dicembre 2010

Magiche sparizioni

Credo che l'azione congiunta di tempo e lontananza non generi tanto la dimenticanza quanto piuttosto l'estraneità. Ogni oggetto o persona reale, lo sappiamo, cambia di continuo, in maniera più o meno percettibile. Questo appunto il lascito del tempo. La lontananza invece fa sì che il mutamento avvenga senza che noi possiamo non dico parteciparvi, ma anche soltanto assistervi. Gradualmente ogni cellula lascia il posto a una nuova cellula, ogni capello a un nuovo capello, i pensieri a pensieri altri, tic paure abitudini diventano qualcosa di leggermente diverso. E saranno abitudini, paure, tic, pensieri, capelli, cellule che tu non avrai mai conosciuto.

Fino a quando la persona che persiste nel tuo ricordo non sarà semplicemente svanita dal mondo reale.
Sostituita pezzo per pezzo.
Un estraneo al suo posto.

1 dicembre 2010

Ettore

Decido di lavorare al mio video (per inciso mi mancano solo venti secondi ma non riesco a trovare un finale degno), apro il file, aspetto che si carichi il programma, e poi che si carichi il mio cervello, riguardo il lavoro fatto, medito, rifletto. Mi servono foto. Apro internet, digito, clicco e salta fuori questa


Ecco, questo è il genere di cose che non dovrei mai vedere. Le robe coi denti appuntiti mi terrorizzano, forchette a parte. No, dico sul serio, ora sembra che io sia tranquilla, ma dieci minuti fa quando quell'essere mi è apparso davanti ho avuto una paura matta. Ho alle spalle un'infinita serie di terrori generati da vampiri e affini. Inutile dire che ci metto un istante a chiudere la pagina, ma ormai l'ho visto. Dimenticarlo? Impossibile.
Inizio a rassegnarmi alla prospettiva degli incubi notturni quand'ecco l'idea.
Affrontare il mostro. Guardarlo dritto negli occhi, anzi nei denti. Dopo cinque minuti che li fissi quei cosi non sembrano poi così terribili.
Ho deciso anche di chiamarlo Ettore e di metterlo sul blog, così mi dovesse venire paura posso sempre dargli un'occhiata. Sento già che diventeremo ottimi amici. Vero Ettore?

GrrrrooooOoorrrglll

Canzoni per immaginarsi altrove

Ballerei tutta la notte sui tavoli, a piedi scalzi. Il deserto che diventa polvere sulla pelle.

Calexico, Minas de Cobre (for better metal)